PROLOGO: Soulyard, a est di New Orleans, Louisiana, USA
L’automobile argentea arrivò
nel parcheggio dell’ospedale, in mezzo ad un costante caos di veicoli che
andavano e venivano, dai grigioverdi camion militari alle ambulanze, ai veicoli
civili carichi chi di speranza e chi di disperazione.
L’automobile appena giunta, una Volkswagen Jetta, si distingueva per la dicitura
in rosso VGL dipinta con effetto cinetico lungo le fiancate. Appena si fu
fermata, il motore si spense e le portiere si aprirono. Uscirono nell’ordine
uno stivale aderente rosso, uno viola, uno giallo
attaccato ad una gamba da vertigini, uno bianco, uno di metallo dorato, e per ultima
una robusta zampa artigliata coperta di pelliccia grigia.
Non capitava tutti i giorni
che i proprietari di quei piedi visitassero una
località agli antipodi della loro area di azione…ma questo era un caso
particolare, fin troppo a lungo rimandato…
MARVELIT presenta
VENDICATORI DEI GRANDI LAGHI
Episodio 18 - Viaggio a New Orleans (e dintorni)
L’addetto alla reception era
un ragazzo di non più di venticinque anni. Aveva i denti e le unghie giallastri
del fumatore incallito, e la voce irritata del fumatore che aveva bisogno della
sua sigaretta. Era impegnato al telefono, quando una voce femminile
gli chiese, “Desideriamo vedere la signora Clarence deMeer. È ricoverata
da voi…”
Lui la interruppe sollevando seccamente
la mano, senza neppure cavare lo sguardo dallo schermo del suo terminale. “Un
momento, per favore. Sì, come le stavo dicendo, qui siamo al completo totale. E non faccia quella voce, mister: lo so che è passato un po’
da quel casino, ma siamo ancora in zona di guerra, e… Ah, sì? Se la pensa così, può andare al diavolo!” E riappese
alquanto bruscamente. “Vecchio *^&% del $%$°” riprese in mano la cornetta.
Le linee del centralino squillavano a mitraglia.
“Le chiedo scusa,” disse un’altra voce, questa volta maschile. “Stiamo
cercando una vostra paziente…”
Altra levata di mano. “Ho
detto un momento! Prendete un numero e aspettate il vostro turno. Pronto? Clinica
Holy Mary…Ah, sei tu, Carla. Senti, quante volte ti ho detto di non chiamarmi
sul lavoro? E non mi importa che*eep!” Una zampa
coperta di pelo lo afferrò per il collo dell’uniforme, attirando il suo volto a
1mm da un muso di lupo ringhiante e molto zannuto!
“Appunto, dille di richiamare,
scimmiotto. E già che hai un minuto liberi, ci dici dove trovare Clarence deMeer con le buone o devi prima farti l’antirabbica?”
Il ragazzo fece scorrere uno
sguardo terrorizzato da Moonfang a Mister Immortal (Craig Hollis), Flatman
(Harold Ventura), Dinah Soar, Doorman (Hollis deMeer),
Big Bertha (Ashley Crawford) e Thundersword
(Stewart Cadwell). “Ah, ah, controllosubitogiurochecontrollosubito…” fece
volare le mani sulla tastiera senza neppure guardarla, quindi osservò i
risultati della ricerca sullo schermo -operazione mirabile, considerando che
fino a quel momento era rimasto trattenuto dal licantropo. Tentò un miserabile sorriso,
mentre rispondeva, “Primo piano, corridoio A, reparto cardiologia, le scale in
fondo al corridoio, fate prima a piedi e perfavorenonuccidermi!”
Il mannaro lo lasciò e gli
diede una pacca amichevole sulla testa. “Tranquillo, il Venerdì prendo il
pesce.”
Il ragazzo svenne sulla sua
sedia, assediato dal fax che vomitava carta e il telefono che squillava
disperatamente.
La porta della camera si aprì lentamente, poi la nera testa di Doorman fece
timidamente capolino. “Zia Clarence..?”
Un pappagallo (usato) lanciato
con forza lo avrebbe colpito sicuramente, se il giovane non avesse mantenuto attivo il suo potere, col risultato che il pappagallo
scomparve nella distorsione spaziale che era il suo corpo. “Um, scusami per il
ritardo, zia, ma…”
“Vieni avanti, ragazzo,” rispose una voce terrificante dal fondo della
stanza.
Doorman obbedì, seguito dal resto
dei Vendicatori dei Grandi Laghi. Mister Immortal tirò subito un sospiro di sollievo. “E io che
credevo chissà che!” fece ‘ciao ciao’ con la mano. “Buongiorno a lei, signora.”
Clarence deMeer
era una figlia del bayou. La pelle era di una sfumatura di nero limaccioso come
le acque profonde delle paludi dove aveva abitato tutta la vita. Il suo corpo
poteva apparire rinsecchito, ma era ben nodoso, e i suoi occhi neri tradivano
una vitalità indomabile. Quella donna, persa nel suo letto, trasmetteva forza e
riusciva a sorridere come se avesse inventato lei la torta di mele. “E così, finalmente ti fai vedere, ragazzaccio. E questi sono gli amici di cui mi hai parlato, si direbbe…”
Alla vista di Moonfang, schioccò le labbra in disappunto. “Che
tempi, se lasciano entrare i cani in ospedale!” poi tornò a mostrare quel
sorriso bianchissimo. “Ma avvicinatevi pure. I miei
denti sono ancora naturali, ma non mordo.”
Il gruppo si dispose intorno
al letto. Hollis disattivò il suo potere, per poi abbracciare sua zia. “Ti
trovo bene, zia Clarence.”
Lei ricambiò l’abbraccio. “E io ti trovo un po’ smagrito, nipote. Dovrò cucinarti
qualcosa di decente, quando uscirò da qui.”
Quando si furono staccati, Hollis disse, “Vuol dire che la
casa è ancora intatta?”
Lei fece un cenno dismissivo.
“È stata costruita dal tuo bisnonno per durare,
ragazzo. C’è stata solo una piena, mica la fine del mondo.”
I VGL si scambiarono
un’occhiata -considerando che la ‘piena’ era stata
causata dall’Uragano Kathryna, o la vecchia era un po’ via di melone, o era
davvero una tosta!
La donna sospirò. “Quando mi
hanno costretto ad evacuare (e solo per un po’ di angina
e un paio di ossa incrinate, ci crederesti?), non è rimasto nessuno di guardia.
Tutti i vicini se l’erano già squagliata come se non
avessi mai fatto loro dei favori… Bianchi!”
“Uhm, zia, c’è ancora uno
stato di emergenza…”
Lei gli puntò un dito contro.
“Voi siete super eroi, giusto? Be’, datevi da fare e andate a casa mia. Sono
sicura che ci sono dei ratti a due zampe da fare sloggiare, prima che qualcuno
decida di farci il nido per sempre.”
Altro
scambio di occhiate allarmate -come spiegare alla
vecchia che se facevano un casino rischiavano come minimo la carriera? Gli
stati meridionali non erano il loro
territorio…
Una silhouette nerissima, di
forma umana, apparve improvvisamente sulla statale 10
che portava a New Orleans. Uno dopo l’altro, i Vendicatori uscirono da Doorman,
che tornò solido subito dopo.
Mister Immortal si massaggiò
la testa. “Per la miseria, ne ha ancora di polso, la vecchia.”
“Il suo bastone da passeggio è
stato il mio incubo per molto tempo,” disse Hollis.
“Avrei preferito quello, a una padella. Ahio.”
Ashley osservò la struttura al
margine della strada. “Bel posto, devo ammetterlo, nonostante il casino.”
La strada era stata rimessa in
sesto, sgombrata dai detriti, ma per le abitazioni era un altro conto. La villa
della famiglia deMeer, in questo senso, risaltava come
un bianco monumento di solidità in mezzo alle altre, disastrate, molte irrecuperabili.
Appoggiava su una spessa base di cemento, e le mura, sebbene di legno e gonfiate dall’acqua, avevano tenuto. Il danno maggiore
l’aveva subito il tetto, parzialmente scoperchiato dalla furia dell’uragano.
Due finestre che davano sulla strada avevano perso i vetri, sostituiti da assi
di legno bene inchiodate. Per il resto, tutto intorno alla casa, il terreno era
ancora un mezzo acquitrino.
“Doveva avere delle belle
provviste,” disse Ashley. “Di sicuro non ha potuto
coltivare l’orto… E tu che stai facendo, ‘Sword?”
Il cavaliere nella
scintillante armatura stava inquadrando porzioni di villa fra pollici e indici
disposti ‘a obiettivo’. “Semplicemente perfetto, belli miei, perfetto! Con un minimo di mezzi, ne
ricaviamo un documentario coi fiocchi che…” poi si
accorse che gli altri lo stavano fissando con aperta disapprovazione, se non
con velata minaccia. Ingobbendosi e immusonendosi tutto, diede un calcetto a un ciottolo. “Branco di filistei, ecco cosa siete…”
“D’accordo,”
disse Immortal, avviandosi verso la casa. “Assicuriamoci che sia tutto a posto,
poi sigilliamo a dovere ogni ingresso e*” non fece neppure in tempo a emettere un gemito, quando un colpo al plasma gli squarciò
il torace!
“CAZZO!” urlarono tutti gli
altri, all’unisono, facendo un salto all’indietro, mentre il cadavere andava a
terra a schiena in giù.
“Veniva da lì!” disse
Thundersword, accendendo una lancia-fulmine nella destra, e la lanciò con mira
infallibile.
“No!” urlò Doorman. “Quella è
la…” ma a quel punto, il fulmine aveva colpito in pieno la parete, facendola a
pezzi. Il ragazzo scosse mestamente la testa. “Camera da letto antica. Ci ucciderà tutti, ci ucciderà.”
Delle figure corsero via dalla
camera. I Vendicatori fecero per scattare all’inseguimento, ma subito Doorman
si mise fra loro! “Con calma, dannazione! Dinah, tu e T-Sword volate in ricognizione
e catturate tutti quelli che beccate fuori. Gli altri passino
da me, forza forza!”
“Era l’ora che le tirassi
fuori, giovanotto!” disse Ashley, prima di assumere la forma
di Big Bertha e gettarsi per prima attraverso il portale vivente, seguita
da Moonfang e Flatman.
Dinah spiccò il volo.
Thundersword evocò urlando il suo destriero, il pegaso Boromir, che apparve in
un’esplosione di corrente. Saltò in sella e si diresse verso il lato ovest
dell’abitazione.
Erano due ragazzi, un maschio
e una femmina, il volto e i capelli biondi sporchi di fango. Indossavano
entrambi una tuta verde lacera e piena di macchie, con berretti da baseball
voltati all’indietro. Reggevano entrambi dei fucili ad alta tecnologia,
ed erano spaventatissimi.
Correndo a perdifiato lungo le
scale, avevano appena raggiunto il salotto, quando in mezzo alla stanza apparve
Doorman…e con lui gli altri tre Vendicatori!
“No!” Istintivamente, il ragazzo sollevò il fucile e lo mirò contro
Moonfang. Fece fuoco, ma per il licantropo si muoveva praticamente
al rallentatore, e schivò facilmente il colpo. La raffica di plasma si infranse contro un armadio, riducendolo in una nuvola di
schegge e scavando un buco nella parete.
Flatman estese le braccia, e velocissimo avvolse le armi, strappandole di
mano ai due giovani un attimo dopo, quindi li immobilizzò a dovere. “E questo
dovrebbe chiudere la questione.”
Doorman, sempre più
sconsolato, osservò i nuovi danni -sapeva che quell’armadio era un pezzo unico,
e che ci sarebbe stato l’inferno da pagare…
In quel momento, spalancando
violentemente la porta, Mister Immortal entrò a passo di carica nella stanza.
Come sempre gli capitava quando tornava a nuova vita, era abbastanza arrabbiato
da mangiarsi uno squalo.
“Ehi, tu dovevi essere morto!”
fece il ragazzo, sbiancando in volto. “Ti ho colpito, ti ho*Huff!!” un pugno
allo stomaco lo fece piegare in due. Senza dargli il tempo di riprendere fiato,
il Vendicatore lo afferrò per i capelli e gli tirò di scatto la testa all’indietro.
“Adesso, sorcio, ci dici dove,
da chi e quando vi siete procurate quelle armi, o comincio ad arrabbiarmi sul serio!” ringhiò con una faccia che
già ora prometteva cose molto sgradevoli.
Ancora terrorizzato, confuso e
dolorante, il ragazzo tossì a ripetizione, agitando la testa.
Immortal sorrise, sollevando
di nuovo il pugno. “Risposta sbagliata!” Fece per calarlo…quando la ragazza
urlò, “NO! Non picchiatelo, vi prego! Non fateci male.
Vi dirò tutto io!”
“Terry…” rantolò lui. “Sorella,
no…”
Flatman liberò i ragazzi. Lui
cadde in ginocchio, succhiando avidamente aria. Terry gli si inginocchiò
accanto, abbracciandolo; poi sollevò la testa verso gli eroi, proprio mentre
entravano Dinah e Thundersword. “Ce le ha date un
uomo, un certo Sacker.”
Immortal emise un mezzo
risolino. “Un saccheggiatore che si fa chiamare Sacker, ma che originalità! E
che altro sai di questo tipo? Perché
ve le ha date? Come le avete…”
“Ci stavo arrivando, va bene?” lo interruppe lei, cianotica per la
rabbia.
“Scusami.”
“Lui e i suoi sgherri
indossano delle tute bianche con un cappuccio, guanti e stivali neri. Sul petto
portano un pugno nero stilizzato. Non li abbiamo mai visti in faccia.
“Dopo il grande
disastro, hanno radunato gruppi di sopravvissuti, tutta gente del ceto più basso,
i più disperati ed arrabbiati. Ci hanno dato cibo, acqua, cure mediche…e queste
armi. Ci hanno detto che le case che erano rimaste intere erano ora nostre, e
che nessuno ce le avrebbe tolte.”
“In effetti,”
disse un meditabondo Flatman, “C’erano state segnalazioni di resistenze
molto…organizzate, sparse per la città e i dintorni…”
Il ragazzo ridacchiò. “Hanno
coperto la storia delle armi per non creare altro panico. Figurarsi se
avrebbero ammesso che dei cittadini americani incazzati avevano questa roba!”
Fissò con odio i Vendicatori. “Non credevamo che avrebbero avuto il coraggio di
chiamare i super. Hanno usato un sacco di reparti speciali, ma mai voi scherzi di natu*eep!” uno schiocco ravvicinato delle zanne
di Moonfang lo mise a tacere sul posto.
Terry si alzò in piedi,
aiutando suo fratello. “Voi non sapete che significa vivere al margine della
società per una vita, fin da quando nasci. I nostri genitori dovevano o
prostituirsi o drogarsi per racimolare qualche spicciolo. Non potevano neppure
provare a cercarsi un lavoro onesto, perché tutte le volte venivano
rifiutati per via del loro stato sociale… Ci sono morti sotto gli occhi quando
avevamo nove anni!”
“E da allora, ce la siamo dovuta cavare da soli,” continuò il ragazzo. “Il ‘sogno americano’, bella merda. La sola speranza che
abbiamo mai avuto ci è stata data da Sacker e dai
suoi. Almeno, loro ci hanno dato qualcosa, mentre tanti altri sono rimasti
invano ad aspettare gli aiuti… E ora,” concluse,
sprezzante, “metteteci pure dentro: almeno avremo un tetto e qualcosa da
mangiare.”
“Io vi propongo un affare
migliore,” disse Moonfang. “Voi ci dite dove si trova
il magazzino delle armi, la tana di questo Sacker, e magari vi lasciamo andare
a cercare croste di formaggio altrove. Che ne dite?”
Il ragazzo aggiunse un sorriso
allo sprezzo. “Facciamo che vi fottete. Non potrete
trovarci tutti, e almeno qualcuno avrà quello che gli spet…” il resto delle sue
parole divenne un rantolo indefinito, quando una zampona gli cinse la gola, punzecchiandogli
la pelle con artigli come pugnali e cavando il primo sangue.
Il
licantropo ringhiò di brutto. “Scimmietta, quanto a persecuzione e sofferenze potrei darti delle lezioni. E la
mia gente ha imparato molto più di voi ribelli in erba. Perciò,
se non vuoi che ti mutili le braccia, e ho giustappunto un languorino, dicci
quello che sai. Perché voi deboli carognette, incapaci di combattere per la
vostra dignità, pronti a prendervela con tutto il mondo perché la vita vi ha sculacciato tanto, mi fate schifo. Allora?”
Entro mezz’ora,
la quattroruote dei VGL stava
agilmente sfrecciando lungo una strada dal fondo ancora disastrato, nella
periferia della città.
Al volante, Mister Immortal se
la stava spassando alla grande. “Wooh! Visto che gioiellino, la nuova Quinjetta? Motoracci di jeep, mangiatevi
il carburatore!”
“Speriamo piuttosto di trovare
presto la base di questa Legione del
Popolo,” disse Ashley, seduta accanto al
guidatore. “Già stiamo agendo fuori giurisdizione e senza avere ancora contattato Pierce…”
“Tranquilla, bellissima:
voglio vedere se oseranno cicchettarci dopo avere consegnato loro
un’organizzazione terrorista. Apro, cosa avete trovato su di loro?”
Flatman, allungando ad arte
braccia e mani, stava inserendo ed elaborando dati sul computer di bordo. “La
Legione del Popolo apparve una decina di anni fa ad
Harlem, a N.Y…”
“Di sicuro, avevano bisogno di
uno stilista decente,” commentò al volo la top-model, osservando
i colori giallo e blu al posto del nero e bianco descritti dai ragazzi.
Flatman si schiarì la gola. “Come
dicevo, si presentavano come una versione estremista
delle Pantere Nere. Quasi riuscirono a fare scoppiare dei
tumulti su larga scala da fare impallidire i movimenti delle peggiori rivolte
razziali, se non fosse stato per Capitan
America e Falcon. Grazie a loro, il movimento fu smascherato come un
gruppo di bianchi guidati dal Teschio Rosso.
Ovviamente, furono tutti arrestati e nessuno parlò più di loro…fino ad oggi.”
“Non credo che T.R. c’entri
qualcosa, stavolta,” disse dalla radio la voce di
Thundersword.
“Che
vuoi dire?” chiese Flatman.
Studiando l’orizzonte dal suo
destriero, il cavaliere dorato disse, “Quando ero un produttore, ho fatto un
paio di documentari su quel tizio, e se ho imparato qualcosa è che gli piace
l’esposizione mediatica, che la ottenga personalmente o per interposta persona.
Azioni eclatanti, di alto impatto emotivo,
destabilizzanti su scala nazionale. Questa teppaglia, invece, si sta limitando
a rimestare a vuoto le acque. Ora che siamo coinvolti, presto potrebbero
intervenire altri Vendicatori o la Justice Incorporated…alla peggio, ci saranno i soliti attriti in merito alla fissa dei segreti
sulla sicurezza, eccetera.”
“Forse i servizi di sicurezza
tacciono perché vogliono fare il colpaccio,” rifletté
Immortal. “Ma sì, deve essere così!” e nel dirlo,
tutto soddisfatto, schioccò le dita…e proprio in quel momento l’automobile
beccò una buca. Sbandarono più volte, prima che l’eroe riprendesse il comando.
“Cavolo, che puledra sensibile,” mormorò.
Nel sedile posteriore,
l’osceno mucchio di Flatman, Doorman e
Moonfang rispose con versi indefinibili. Immortal riprese il discorso. “Dopo
tutte le magre fra Osama, 11 Settembre e Iraq, vogliono riconquistare i
riflettori con le loro forze. Harold, che mi dici di quelle
armi?”
L’estensibile eroe si districò
da sotto un sedere peloso, per riprendere a inserire
dati sul computer. “Dovrei essere in un laboratorio per esserne veramente
sicuro, tuttavia, vediamo se le scansioni che ho preso
possono aiutarci… Ah, ecco. Hmm, si tratta di vecchi modelli di
armi al plasma appartenute all’AIM.”
“AIM?” fece Ashley.
“Vecchi?” fece Immortal.
“Allora questa Legione deve essere un gruppo di sbandati che ha
fatto tombola. Dovrei farmi dare qualche
numero del Powerball da loro.”
Flatman annuì. “È l’ipotesi più
probabile.” Guardò fuori dal
finestrino. “Direi che ci siamo,” commentò, vedendo il
segnale stradale che i ragazzi avevano dato loro. “Il magazzino delle armi è in
fondo alla strada.”
“Allora, è il momento di fare
casino!” Immortal affondò il piede sull’acceleratore.
“Capo, lascia fare a me e
Dinah,” disse un allarmato Thundersword.
“Tranquillo, Stu: l’ho visto
in un milione di film!”
La Quinjetta (sì, per chi non
lo avesse ancora capito, è un modello
modificato) sfrecciò come un missile nella strada deserta. Neanche un bazooka
avrebbe potuto fermarla…
“Ehm, qualcuno ha pensato che
magari il magazzino possa non essere
la base della Legione?” fece la voce di Doorman.
Lo stridore dei freni, a 20mt
dall’impatto, risuonò come un lunghissimo, angoscioso lamento.
Lasciandosi dietro una fitta
scia di fumo e polvere, l’automobile sfondò il capannone di ingresso,
proseguì lungo tutto l’edificio, aggiungendo suoni di ferraglia e pareti
demolite al lamento dei freni, per poi uscire sfondando la parete posteriore in
mattoni. A quel punto, aveva più l’aspetto di una grossa fisarmonica e cigolava
sinistramente.
“Funziona ancora, visto?”
Immortal ghignava con ¼ dei denti in meno e ridacchiava come un pazzo, con la
testa piena di ematomi che gli dondolava qua e là. “Hi
hi hi…”
Moonfang uscì per primo,
barcollando. “A cavallo. La prossima volta vado a cavallo, lo
giuro. Doorman si era teleportato al sicuro, Flatman
colò fuori. Bertha era letteralmente rimasta incastrata, avendo dovuto
ingrassarsi al volo per fare da airbag. “Posso tornare magra, o devo aspettarmi
qualche altro colpo di testa?”
Immortal scosse la testa per
schiarirsela ed uscì. “Dentro, fuori…come vuoi, visto che abbiamo
appena fatto un buco nell’acqua. A colpo d’occhio, quel magazzino era vuoto
come le tasche di un contribuente dopo le tasse.” Si
massaggiò la schiena. “Idee?”
Il licantropo si toccò il
naso. “Ho memorizzato gli odori sulle armi. Ne ho identificato un terzo oltre a
quello dei mocciosi, un po’ debole, ma per fortuna quelli hanno tenuto i loro
giocattoli lontano dall’acqua o da un qualunque straccio per la pulizia.
Seguitemi.” E si diresse verso il magazzino… “Ehi!”
Dovette fermarsi di colpo, quando Boromir gli si parò
davanti.
“Non hai bisogno di sforzare
le narici, amico.” Thundersword si toccò il visore. “Mentre eravate impegnati, ho eseguito una scansione
dell’area dall’alto. E indovinate un po’, ho trovato il nascondiglio dei nostri
amici.”
Gli
fu scoccata una nuova raffica di occhiatacce. “E potevi dirlo prima, no?” fu la corale domanda.
Doorman apparve nel mezzo di
una specie di piazzola, in un ambiente dal soffitto basso e le pareti
metalliche, illuminato dalla cruda luce di una dozzina di lampade al neon …
C’era di che restare
ammutoliti: si trovavano in un magazzino pieno da far schifo di solide casse di acciaio di tutte le misure. “Se anche la metà di questa
roba contiene armi, si può scatenare la terza guerra mondiale,”
disse al volo Ashley.
“Cosa
ti dice la supervista?” chiese Immortal a Thundersword, che subito fece una
panoramica sugli oggetti.
“Fucili, granate, armature…se
non mi sbaglio, ci sono anche dei robot…” Thundersword sorrideva come un
bambino in un negozio di dolciumi. “Devo
fare un servizio su questo ritrovamento. E’ roba da pulitzer!”
“Continua a sognare,” disse Flatman, sondando una cassa, coprendone ogni angolo
con le mani. “I Servizi metteranno il bavaglio a questa notizia prima che possiamo
dire ‘ma è un’ingiustizia, però’… Hmm, ottimo
materiale. I coperchi sono saldati a livello molecolare, formando così un unico
blocco. La lega deve essere a prova di proiettile, fiamma e acido…”
“Ti vedo preoccupato,” disse Bertha.
Harold annuì. “Ci vogliono
attrezzi molto speciali per aprire queste casse…” gli venne un’ispirazione.
“Thundersword, riesamina una cassa a caso, ma concentrati lungo i bordi
interni. Dimmi se vedi delle fiale o dei dispositivi a disco collegati a
circuiti, a loro volta fissati ai bordi stessi.”
L’altro sbatté più volte gli
occhi, perplesso, ma fece spallucce ed obbedì. “Non so cosa vai cercando,
ma…sì! Eccoli, tanti dischetti neri piazzati lungo i bordi
interni. Come facevi a saperlo?”
Flatman ritirò le mani dalla
cassa, un’espressione cupa in volto. “Speravo di avere torto. Quei dischetti
devono essere esplosivi monodirezionali. Se le casse non vengono
aperte secondo una precisa sequenza, bum! Ottimo modo per assicurarsi che solo
gli addetti ai lavori possano accedere al contenuto.”
“Il che vuol dire,” concluse Flatman, “che questa Legione del Popolo non può essere una banda raffazzonata.
Sono professionisti dell’AIM!”
Un applauso si fece largo
nell’aria, facendo sobbalzare tutti i Vendicatori. “E
bravi, bravi, bravi!” disse una voce femminile…da un altoparlante alla parete.
“Un altro passo verso la verità… Sapete, quasi mi
dispiace di dovervi fermare qui…ma mi dispiacerebbe ancora di più perdere un
prezioso business come questo.”
Improvvisamente,
tutti quanti furono presi come da una violenta vertigine. Moonfang fu il primo a rendersi conto del perché.
“Gas…”
La voce ridacchiò. “Monossido di carbonio. Inerte, inodore, letale, che sta riempiendo la stanza da dozzine di
bocchette. Credo nei buoni, vecchi metodi. E
quando avrò finito con voi, sarò lieta di vendere i vostri corpi al miglior
offerente, in nome della scienza. Addio!”